Cadono gocce d’acqua all’interno della stanza di un carcere, preludio di quei suoni provocati dal battito di scarpe adatte per ballare e produrre successione di ritmiche melodie. Max (Gregory Hines) esce di prigione dopo cinque anni scontati per furto. L’esperienza lo ha profondamente cambiato, indurito e disilluso. Deve rifarsi una vita, ma sembra che tutte le strade gli siano precluse: vorrebbe far successo ballando la tap dance, ma Broadway ha smesso di avere bisogno del suo talento e del suo caratteraccio; il crimine non è più affar suo, infatti, nonostante la tentazione di un grosso colpo a una gioielleria, quando ha già razziato un sacchetto di diamanti, dimostra di aver imparato la lezione e si trattiene.
Ma allora dov’è che Max può trovare la sua strada? L’essenza stessa del film sta nella risposta a questa domanda. Il protagonista risorgerà dalle sue ceneri tornando da dove era partito, alla scuola di danza del padre, gestita adesso da Little Mo (Sammy Davis Jr.) insieme alla figlia Amy (Suzanne Douglass) da sempre innamorata di Max. Il vero tesoro è racchiuso, però, al terzo piano dell’edificio dove trovano rifugio un gruppo di “Vecchie Glorie” del tip-tap, all’apparenza capaci solo di passare le giornate a giocare a carte, ma che in realtà hanno ancora molto da offrire, soprattutto il modo di riaccendere nel protagonista le passioni perdute. Sarà così che Max ridarà lustro alla scuola di ballo, riaccenderà l’amore di Amy e andrà oltre, lanciandosi in ardite sperimentazioni di tip-tap e sintetizzatore.

Ecco l’essenza del film, il nuovo e il vecchio, o meglio, il nuovo “nel” vecchio. Il film sembra gridare a gran voce: “La Tap non è morta!” e Gregory Hines (già nel cast di Cotton Club) ne dà la dimostrazione. Infatti, in questa pellicola dà fondo a tutte le sue doti come attore e come ballerino, restituendo un’ interpretazione credibile e sincera, trascinando con sé gli altri protagonisti: in primis la Douglass che pur non essendo una ballerina professionista riesce a tener testa a Hines; poi, in quella che è la scena migliore del film, di quei “vecchietti” chiusi in soffitta. Vale la pena soffermarsi un attimo sulla scena citata, poiché racchiude, forse, quello che il film vuole comunicarci: in questa sequenza Max ha la sfrontatezza di accusare gli anziani ospiti della scuola di non avere più le gambe per ballare, ma loro non si sgomentano, anzi, fanno partire una sfida, mettendo in scena il meglio del loro repertorio, facendo vedere che, come il tip-tap, non sono finiti, ma sono ancora perfetti ballerini… e che ballerini! Perché quelli sullo schermo sono dei veri veterani della tap dance: Sandman Sims, Bunny Briggs, Steve Conds, Jimmy Slyde, Pat Rico, Arthur Duncan e Harold Nicholas (al quale, per altro, era ispirato il personaggio di Hines in Cotton Club).
Ed ecco che tutto torna splendente, ecco che la strada di Max ora appare chiara. La debolezza del film, però, sta nella sua forza, in effetti, per quanto le scene di ballo siano molto “gustose”, oscurano un po’ il resto del film che, pur scorrevole e frizzante, non apporta niente di particolarmente innovativo al già affollato panorama del film musicale degli anni ottanta, attingendo qua e là a cliché ben noti, ma si sa: meglio mettere in scena una routine ben rodata che cercare maldestramente di inventarsi per forza qualcosa di nuovo. Abbiamo così una visione piacevole, a tratti appassionante, sicuramente da annoverare fra le migliori per chi è appassionato del genere e del ballo.


Regia di Nick Castle.
Con Gregory Hines, Sammy Davis jr, Suzzanne Douglass