La conflittualità tra arte e danza risiede nella necessità di rendere dinamica una tela, quando con statica Brunelleschiana eleganza, quando con lucida, ripetitiva follia, come in Degas. In “Boogie Woogie” Guttuso ricorda con rabbia la gioia del ballo guardando con nostalgia invidiosa a un periodo di voluttuose interazioni.Riflesso della disperazione degli anni cinquanta e dell’invidia per gli anni venti, le coppie si contorcono in un moderno ratto delle Sabine fedeli al dogma disegnato da Mondrian, quel Boogie Woogie appeso sulle pareti di fondo della stanza a ricordare un passato recente ma ormai presente solo nelle gonne delle ballerine alle spalle del personaggio principale, dissolto, tra sé, tra alcool e fumo. Quando anche il più grande visionario nel ventesimo secolo bloccò nei suoi sogni i riccioli biondi di una giovanissima Shirley Temple, adulta bambina sinuosa nel suo Tip Tap, sentìin sé la peccaminosa giovialità della danza come violazione di un eccesso che gli era proprio. In “Shirley Temple: il più giovane mostro sacro del cinema” Dalì scatenò la sua rabbia su una piccola e indifesa ballerina di Tip Tap dipinta come enorme diabolica sfinge, con le ossa delle sue prede tra gli artigli, seduta in un deserto ormai silenzioso. Anche il miglior ballerino mancato di Tip Tap, Andy Warhol, sentì pulsare quei giovani riccioli d’oro dentro di sé, comprendendo che non dovesse essere la danza a intrattenersi sulla tela, ma l’arte a muovere e commuovere i colori tenendo il ritmo.