Se si può sciare sulla neve si deve poter sciare anche sull’acqua. È con questo pensiero che Ralph Samuelson, nel 1922, iniziò a sperimentare modi, nuovi e arditi, per riuscire a planare sull’acqua. Prese due pezzi di legno e iniziò a lavorarli fino ad avere la punta arricciata verso l’alto, dopodichè attaccò un nastro di nailon a una barca a motore e, dopo vari fallimenti, arrivò a creare un nuovo sport. Lo sci nautico.

Ma lo sci nautico non è uno sport come gli altri, è più che altro uno show per chi lo guarda e un’esplosione di adrenalina per chi lo pratica. Ralph, e non solo, preso da questo impeto, arrivò perfino ad attaccare il filo a un aeroplano in planata sull’acqua… tutto per lo show, per il suo show. Uno sport/show indefinibile, perchè indefiniti sono i suoi confini. Don Ibsen, altro pioniere di questo sport, nel 1928, fu il primo a proporre le sue esibizioni per l’America, conquistando prima Seattle, e poi l’intera West Coast.

La sua diffusione non conosce limiti di spazio e di tempo, è la libertà di azione e di pensiero che ne garantisce la continua evoluzione verso forme sempre più istintive e passionali. Forse davvero lo sci acquatico è un musical di Broadway, dove l’azione sugli sci nasconde una coreografia strutturata su una musica, e dove i movimenti raccontano una storia, una storia fatta di danza, swivel, doppi adagio, salti, e piramidi umane…