Mentre i tuoi occhi seguono i movimenti informali dei taxi gialli ripensi a Peggy Guggenheim e al suo rifiuto per ogni forma costruita, all’irrazionale razionalità di Kandinskij unita alla sua sinfonia di colori: “I musicisti […] possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore mi pareva però altrettanto realistico del suono”. Marcel Duchamp, elevando l’anormalità, intesa come rifiuto di qualsiasi norma, a pratica sia di arte sia di vita, era stato uno dei precursori dell’avanguardia americana con il suo “Nudo che scende le scale, N2”. Mentre la tua mente viaggia con le note di Duke Ellington sulla 142ª Strada. arrivi fino al nuovo rinascimento del “New Negro Movement” ribattezzato poi “Harlem Renaissance” nel quale per la prima volta artisti come A. Douglas, L.M. Jones o J. Lawrence iniziarono a rappresentare la cultura Afro-Americana del viaggio fino alla libertà, passando dalla schiavitù e dalle discriminazioni, e per la prima volta ci si iniziò a domandare “how a history of the United States can be written honestly without including the Negro”. In questo ritmo scandito dal “White only” Cotton Club si facevano largo artisti come Arthur Dove e Stuart Davis che si riflettevano nel jazz. In “Swing Music (Louis Armstrong)” Arthur rende omaggio al grande padre dello swing rappresentando il suono degli strumenti attraverso il rosso del suo red hot trumpet; la musica swing ne era ispirazione trasmettendo con la sua forza invisibile il senso di un’astrazione. I musicisti del tempo erano soliti dire che, quando tornavano a esibirsi a New York, erano come rami che si ricongiungevano con la Grande Mela. Una mela in giallo, blu, rosso, tagliata da un’antica via indiana al ritmo di un Boogie Woogie.