Prima in America e poi in Europa la grande depressione del 1929 colpisce anche il settore automobilistico ma l’auto si afferma comunque come mezzo di trasporto di massa.

Verso la fine degli anni 20 si inizia a definire lo stile di produzione di ciascuna Casa automobilistica all’interno delle proprie fabbriche e ciò consente una identificazione di Marchio. Gli stilisti, lavorando esclusivamente per una Casa riescono a realizzare stili esclusivi e omogenei.

In Europa la crisi del triennio 1929-31 si manifesta con differenti gradi di intensità: in Francia, maggior produttore europeo, la produzione si contrae del 35% ed è la Citroen che paga i maggiori investimenti in ricerca e comunicazione. La Renault e la Peugeot invece sono meno esposte grazie ad una politica finanziaria più prudente. La Gran Bretagna, grazie al suo mercato parcellizzato fatto di piccoli produttori, con meno costi fissi e maggiore esportazione, contiene la flessione al 13%. In Germania la produzione passa da 108.000 vetture del 1928 a 43.000 nel 1932 e l’industria automobilistica reagisce attraverso le politiche di fusione che portano alla nascita della Auto Union che ingloba Audi, Horch, Wanderer e DKW. Durante il periodo di supremazia di Hitler il rilancio avviene con le commesse pubbliche, la ripresa della domanda privata e la guerra mondiale.

In Italia la produzione, già bassa rispetto alle altre nazioni, nel 1931 è di sole 26.000 vetture. Molti piccoli costruttori chiudono, altri entrano sotto il controllo statale I.R.I. come l’Alfa Romeo, Isotta Fraschini e O.M. La Fiat controlla il mercato e solo la Lancia rimane indipendente forte di una produzione di standard elevato, ed è proprio grazie a questo che l’industria italiana guadagna una posizione di prestigio in Europa.

Con l’inizio dell’epoca d’oro fatta di innovazioni stilistiche e tecniche l’Italia continua ad esprimere una eccellenza produttiva, con una tecnica raffinata, lo studio di un design affascinante e una notevole attività automobilistico-sportiva con la conseguente crescita della competizione leggendaria “Mille Miglia” e la nascita della Scuderia Ferrari.

La Fiat Balilla 508 Coupè Mille Miglia del 1934, fortemente ispirata alle vetture inglesi dell’epoca, cofano motore e baule in alluminio, era la versione coperta della Spider Sport da 30 cavalli.

La Fiat diventa l’impresa leader in Italia, grazie anche all’adozione dell’integrazione verticale che permette di controllare la produzione dalla lavorazione siderurgica alla distribuzione. Il risultato è un sostanziale controllo dei costi e di realizzazione. Questa sensibilità, già espressa dai viaggi di Agnelli negli USA a casa Ford, porta alla costruzione del Lingotto di Torino (1922), che riprenderà il “layout” dello stabilimento Ford di Highland Park ma aggiungendo una spettacolarità progettuale e costruttiva mai immaginata prima. Vengono introdotte catena di montaggio, organizzazione lineare dello spazio produttivo e flusso sequenziale delle lavorazioni.

Nel 1935 viene realizzata la Fiat 1500, che segna l’avvio di una rivoluzione tecnica e stilistica con sospensioni a ruote indipendenti e un motore 6 cilindri a V di 1,5 litri da 45cv che spingeva la vettura a 115 Km/h. Si introduce il concetto dell’aerodinamica, infatti fu la prima auto studiata nella galleria del vento. Della “1500” era disponibile, oltre alla versione berlina, anche l’autotelaio, da carrozzare a piacere. Tra i modelli più interessanti su telaio 1500, una coupé aerodinamica carrozzata dalla milanese Touring e una con cabina rigida e tettuccio in tela acquisita dalla “Regia Aeronautica”.

Un anno dopo viene presentata la prima vera automobile di massa: la tipo “500” ribattezzata “Topolino” che rimane in produzione fino al 1948 con un motore da 569 cc e 13 cavalli per una velocità di 85 Km/h.