Nel corso degli anni ’30, con l’avvento del Rinascimento di Harlem, a New York si diffuse un movimento artistico fortemente collegato alla cultura e alla vita di strada, tuttavia con forti connotazioni europee legate spesso al Fuavismo, spesso al Cubismo.

Norman Lewis ad esempio dipinse secondo le regole del cubismo e dell’espressionismo astratto, con forti legami ad Harlem e a ciò che essa rappresentava all’epoca, come in Musicians (1938), Jazz Musicians (1948) o Harlem Turns White (1955). Di pari passo alla realtà di strada e alle esplosioni di colore erano tipiche dell’epoca riproposizioni grottesche e caricaturali dei grandi interpreti del momento: citiamo il re del Lindy Hop, Shorty George, rappresentato nel 1938 da Lewis come una sorta di scimmia, come un qualunque saltimbanco alfiere dei suoi tempi.

Stuart Davis, insieme gli altri autori del cosiddetto gruppo dei “The Eight”, rappresentava la realtà di tutti i giorni di Harlem e dintorni in un melting pot di colori vibranti, forme astratte, personaggi improvvisati e composizioni dinamiche, ispirate a una qualsiasi sinfonia Jazz di strada, come in Swing Landscape (1938).

L’arte del Rinascimento di Harlem e il suo concatenamento alle origini nere del Jazz e dello Swing conquistò anche vecchie “fauve”, come Duchamp e Matisse. Ormai ultrasettantenne e impossibilitato all’uso del pennello, Matisse ovviò ai suoi limiti inventando la tecnica del papier découpé, creando composizioni di colore astratto attraverso l’uso delle forbici.
Grazie a questa tecnica produsse una serie di opere danzanti come i Nudi Blu, Icaro e Il circo, che vennero raccolte in un libro intitolato Jazz, connubio di questa eclettica perfezione musicale e ispirazione di saltimbanchi, teatranti e ballerini.