Dagli anni venti agli anni quaranta del ’900, periodo in cui le musiche della Swing ERA fanno da sottofondo nelle più famose sale da ballo americane, il Lindy Hop, le cui origini appartengono alla cultura afroamericana, in particolare a quella del quartiere di Harlem di New York City, è la forma di ballo più importante.

I racconti sulle origini del termine sono vari: uno di questi dice che provenga dall’unione della parola “Lindy”, che nel XIX secolo stava a indicare una giovane donna, e la parola “Hop” (salto) che è documentata fin dal 1913 come associazione al ballo swing. La versione più suggestiva e nota attribuisce l’invenzione del termine al ballerino “Shorty” George Snowden, che rinominò la danza “breakaway” come “Lindy Hop” in una gara di ballo svoltasi durante le celebrazioni della trasvolata di Charles Lindbergh (detto, appunto, Lindy). Durante il concorso decise di improvvisare, staccandosi dalla sua ballerina, qualche passo tipico del suo modo di ballare e, nel bel mezzo della monotonia della maratona, l’effetto fu strabiliante. Un intervistatore gli chiese cosa stesse facendo con i piedi e lui, senza fermarsi, rispose: “I’m doin’ the Hop… the Lindy Hop!” probabilmente pensando al celebre volo da New York a Parigi del pioniere dell’aviazione degli Stati Uniti.

Il Lindy Hop si balla prevalentemente in coppia, anche se esistono routine che prevedono dei passi da eseguire da soli, la struttura del ballo è in otto tempi anche se vi sono numerosi passi in sei tempi. Questo stile include numerose figure, acrobazie ed elementi derivati dal tip tap, dallo shag, dal cakewalk e dal charleston che, tra tutti, è il ballo più influente. Anche la particolare nota oscillata dello Swing-Jazz ha incoraggiato i ballerini a introdurre un ritardo nella loro tempistica, influenzando in questo modo l’esecuzione di un particolare lavoro di gambe e di approccio al ritmo.

Nell’epoca della musica swing questa forma di ballo è stata un vero fenomeno di massa. Centinaia di ballerini, senza discriminazione di razza, affollavano le ballroom americane dove si esibivano le grandi orchestre swing, da Ellington a Basie. La crescente popolarità di Harlem (non a caso si parla di “Harlem Renaissance”) come quartiere di intrattenimento, nonché come vivace centro creativo per afroamericani ha visto l’esplosione del Lindy Hop, sia in spazi sociali che sui palchi, alimentando il fascino della natura un po’ illecita della zona “ghetto”. Un grande input allo sviluppo di questa forma di ballo fu data dall’invenzione degli “arials” – o air steps – messi in opera da Frankie Manning che inventò figure spettacolari con salti ed evoluzioni acrobatiche. Manning mosse i primi passi ispirandosi alla prima generazione di lindyhoppers, guidata da George “Shorty” Snowden e Leroy “Stretch” Jones, per poi acquisire l’inconfondibile stile che gli permise di sconfiggere i suoi maestri nelle agguerrite gare di ballo che si svolgevano al Savoy. Fu l’artefice di numerose innovazioni stilistiche, grazie alle sue acrobazie e alla sua tipica posizione del corpo con il busto inclinato in avanti, ribattezzata “Savoy Style”. Ma la diffusione del Lindy Hop è dovuta anche a ballerini bianchi come Dean Collins che, attraverso i film di Hollywood, hanno svolto un ruolo cardine nella divulgazione di questo stile.

Negli anni cinquanta, con il declino della danza e delle musiche swing, completamente soppiantata dalla nascita del rock’n’roll, delle t-shirt e dei jeans, i diversi ballerini di Lindy Hop abbandonarono le scene. Nel 1987 Frankie Manning, all’età di 72 anni, incoraggiato da Erin Stevens e Steven Mitchell, riprese l’attività d’insegnamento, curando, inoltre, le coreografie di Black&Blue, messo in scena a Broadway. Nei primi anni novanta fu consulente, inoltre, di Spike Lee per il film Malcolm X, dove vi compare.

Il Lindy è diventato un fenomeno mondiale che ha ripreso quota anche grazie a film come Swing Kids che rimise in auge le tematiche legate alla passione dei balli legati a questo genere. Oggi si fanno tantissimi corsi, stage e competizioni in tutto il mondo, ma una delle frasi che sintetizza, forse più di altre, quello stesso spirito jazz di leggerezza e divertimento è quella pronunciata da Frankie Manning relativamente all’invenzione dello suo stile rivoluzionario: con l’ironia e la semplicità che caratterizzava lui e la generazione afroamericana del suo tempo disse: “Mah… mi sembrava solo che fosse meglio così”.